“Secondo la FDA (Food and Drug Administration), la biodisponibilità di un nutriente rappresenta la velocità e la quantità con la quale detto nutriente, o parte di esso, viene assorbito e diventa disponibile nel suo luogo di azione (in questo caso il sangue).
Il primo passo per rendere biodisponibile un nutriente è liberarlo dalla “”matrice”” dell’alimento e convertirlo in una forma chimica che possa essere assorbita dalla mucosa digestiva, e questo dipende da una corretta masticazione e un’adeguata funzione enzimatica dell’apparato digerente. Ad esempio, per sfruttare il glucosio presente nel riso, dobbiamo masticare quel riso e digerirlo con gli enzimi. Lo stesso accade per assimilare la prolina (un amminoacido presente nelle proteine del pollo), o per assorbire gli acidi grassi omega 3 contenuti nell’olio di pesce.
Nonostante la biodisponibilità teorica, abbiamo riscontrato numerosi fattori che la modificano, aumentando o diminuendo il suo reale valore (spiegati molto bene da Peter Pressman e collaboratori sulla rivista SAGE; ed esposto in modo approfondito da Rosalind S. Gibson, per cui per ottenere un alimento assimilabile e utile per i nostri animali domestici, bisogna tenerne conto.
Senza entrare nel dettaglio, e per darvi un’idea della complessità della questione, ecco alcuni di quei fattori che alterano la biodisponibilità di un nutriente:
- Tipo di cottura dell’ingrediente (bollito o al forno?, per esempio).
- Origine dell’ingrediente (fonte animale o vegetale?).
- Forma chimica del nutriente (Organico o inorganico?).
- Interazioni con altri ingredienti e nutrienti (ad esempio, la vitamina C aumenta la biodisponibilità del ferro, quindi il ferro viene assorbito meglio se viene aggiunta alle crocchette).
- Interazioni farmacologiche (ad esempio, l’uso di alcuni antibiotici può ridurre l’assimilazione dello zinco).
- Cambiamenti nella dieta (passando da una ricetta all’altra, la mucosa digestiva può venire alterata, senza causare sintomi esterni, ma influenzando la biodisponibilità dei nutrienti che vengono ingeriti durante diverse settimane).
- Condizione della mucosa digestiva (ad esempio, avere una minore secrezione acida nello stomaco rende difficile l’assimilazione della vitamina B12).
- Stati fisiologici (durante i periodi di crescita e allattamento, i nutrienti vengono assimilati meglio).
- Stati patologici (ad esempio, avere Helicobacter pylori, comune nelle ulcere e nella gastrite, influisce anche sulla biodisponibilità della vitamina B12).
- Svolgono un ruolo anche fattori individuali come razza, sesso, età e livello di attività fisica. .
Pertanto, ad esempio, la biodisponibilità di alcune vitamine può diminuire a seconda dello stato del microbiota o della flora intestinale; o aumentare grazie alla cottura, come nel caso dei carotenoidi come ha affermato Kavin H.van het Hof e in The Journal of Nutrition tra gli altri.
In conclusione, ricorda che affinché un alimento sia veramente sostanzioso, i suoi ingredienti devono contenere sostanze nutritive con elevata biodisponibilità.